Sabato 30 Maggio si è svolto presso i Musei Civici un interessantissimo convegno sulla storia dell’alimentazione dall’epoca longobarda a quella tardo medioevale: tema collegato al cibo, all’interno quindi del circuito Expo.
Il convegno ha preso spunto dal banchetto di nozze tra Teodolinda ed Agilulfo nell’autunno del 590: la dolce novità che venne introdotta durante il loro rinfesco furono i confetti, che possiamo ammirare nell’affresco degli Zavattari presso il Duomo di Monza.
Gli artisti dipinsero questa opera per dare omaggio al matrimonio di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza: la giovane sposa appena 16enne venne cosi’ data in moglie allo Sforza, uomo di 45 anni noto per essere un grand dongiovanni. Le cronache dell’epoca raccontano che anche al loro matrimonio venne introdotta una novità: il torrone di Cremona.
L’arte della tavola dai Longodardi al Medioevo si può quindi osservare nelle scene dipente sulle pareti del Duomo: le nostre origini, anche quelle culinarie, sono legate a quelle delle popolazioni che hanno abitato queste terre e quindi il convegno ha voluto cercare di far conoscere meglio la nostra terra.
Fra tutte le popolazioni barbare furono proprio i Longobardi a dare molta importanza a certe regole dello stare a tavola: come per esempio l’abitudine di stare seduti, invece che sdraiati, oppure l’introduzione dell’uso delle posate.
In ambito culinario l’influenza dei Longobardi fu molto forte, resistendo nel tempo con ricette odierne che risentono ancora delle tradizioni del passato.
Ma come si cibavano i nostri cari Longobardi? Erano prima di tutto cacciatori ed allevatori: la caccia veniva praticata liberamemnte e l’allevamento era allo stato brado. I bovini venivano usati soprattutto per arare i campi mentre venivano ampiamente allevati ovini e suini. La carne di maiale era infatti molto diffusa e veniva solitamente salata, affumicata ed essiccata. Invece pecore e capre venivano allevate per la lana e per il latte: una volta uccise la pelle serviva per confezionare abiti, pergamene e sego per le candele.
I Longobardi mangiavano anche molto pesce, dedicandosi soprattutto alla pesca nei fiumi. Il pesce aveva molta importanza nella loro alimentazione, più che altro per questioni religiose perché spesso la Chiesa vietava l’uso di carne in alcuni periodi.
Come tutte le popolazioni germaniche, i Longobardi prediligevano segale ed avena, le più comuni, ma mangiavano anche orzo, miglio e spelta. Il pane era diverso da quello mediterraneo a base di grano tenero, ma veniva preparato con il miglio per l’uso quotidiano. Spesso veniva sostituito dall’uso di pappe e zuppe di cereali, con l’aggiunta di carne e verdure.
Sulle tavole longobarde, veniva servita anche frutta sia fresca che secca e veniva usata come dolcificante insieme al miele. Tutti gli alberi selvatici davano un grande contributo,in special modo per i contadini: vi ricavavano il sidro, il ribes rosso e l’olio.
Molto praticata era la viticoltura ed il consumo di vino: la birra veniva invece consumata dalle classi piu’ disagiate, insieme al sedo, ricavato dal miele, che veniva spesso mischiato al vino ed alla birra ( una specie di Panachè antica?)
Grazie all’alimentazione e alla cucina longobarda possiamo quindi ricostruire le fonti storiche per capire le radici di noi monzesi.
Abbiamo anche scoperto delle curiosità interessanti: sapete per esempio da dove deriva la carne alla tartara? Durante i viaggi dei Tartari la carne veniva messa sotto la sella del cavallo, in modo che si frantumasse con i movimenti ed una volta arrivati nei campi nomadi la si mangiava cruda, insaporita con delle spezie…e da qui il nome “carne tartara”, appunto la classica carne cruda a pezzetti.
Un’altra curosità risale invece al 489, quando il re ostrogoto Teodorico alle porte di Verona sconfisse Odoacre. Il terreno dopo la battaglia era ricoperto da decine e decine di cavalli morti: venne chiamato quindi il popolo che, per conservare la carne, la mise nel vino e poi la dovette cuocere brasata. Da qui nasce un classico piatto veneto di nome “pastisada de caval”.
Anche Rosmunda, regina longobarda, pone le basi per un cambiamento culturale, introducendo l’utilizzo del vino. A lei viene anche dedicata una famosa salsa per i bolliti: la pearà, tipicamente veronese. Si narra che dopo aver bevuto dal macrabo cranio, cadde in uno stato di prostazione profonda, riuscendo però a rimettersi in forza grazie alla salsa così ricca e sostanziosa.
Alla fine del convegno è stata anche fatta assaggiare la “mestura brasada2, per cercare di evocare il pane che si mangiava ai tempi dei longobardi: molto soffice, ripieno di frutta secca e veramente buono. Da cucinare per sentirsi un po’ donne ed uomini di altri tempi!
chiara frigerio
22 ottobre
Anche oggi ho imparato qualche cosa di nuovo e interessante.Grazie!
Chiara
monzareale
22 ottobre
grazie mille Chiara!