Quando passeggio per Monza c’è in luogo che mi richiama sempre a sè: la fontana delle rane di Piazza Roma, proprio accanto al ben più vistoso Arengario. Mi ha sempre rapito la dolcezza di quel viso scolpito nel bronzo, il senso di movimento, il gesto lieve della giovane donna che tiene in mano una piccola rana.
Detta anche “la sirenetta” dai monzesi, fu collocata esattamente dove si trova ora nel 1932: è una scultura di Aurelio Mistruzzi, artista friulano nato nel 1880, il quale venne a conoscenza della leggenda di Amira e Dagoberto e volle riprodurla. Pare che di questa statua siano stati fusi due esemplari, di cui uno è nella nostra città e l’altro in una piazza di Buenos Ayres: sarà vero oppure è semplicemente una leggenda ?
Ci ricorda la favola il Signor Felice Camisasca, celebre monzese doc, depositario di tanti aneddoti e curiosità locali:
“Come sappiamo Teodorico soggiornò a Monza ove fece costruire un suntuoso palazzo: la tradizione vuole che fosse posto nella zona vicina allo steccato del fossato grande ed alla piazza d’armi (Pratum Magnum) in quella che attualmente è la via Cortelonga (questo termine, vivo nei tempi, pare confermarlo )
Teodorico viveva spesso a Monza e con lui, ovviamente, la sua corte di cui faceva parte un
giovane nipote di bell’aspetto che aveva nome Dagoberto.
Il giovane come d’uso, usciva a cavallo per i boschi e le colline che circondavano la città e rientrando abbeverava il suo cavallo in una roggia, forse proprio quella che poi si chiamerà Pelucca, scorrerà per il Pratum Magnum e sarà utilizzata dagli Umiliati per risciacquare i panni poi posti ad asciugare su appositi sostegni detti “ciudere”, sistemati nel prato.
Nel punto in cui il cavallo si abbeverava, un giorno Dagoberto vede una piccola graziosa rana verde smeraldo che non dimostra nessuna paura per la presenza sia del cavallo che sua, anzi li saluta con un melodioso gracidare. Il giovane stende la mano e la piccola rana con un salto prende posto nel suo palmo salutandolo sempre col suo gracidare.
Dagoberto rimane sorpreso, ma la rana con un salto si tuffa nell’acqua e scompare.
La cosa si ripete ogni volta che Dagoberto si reca ad abbeverare il cavallo e il giovane è lieto di accogliere la rana nel suo palmo. Più passano i giorni più Dagoberto pensa al grazioso ranocchio.
In una notte di plenilunio Dagoberto si affaccia alla finestra della sua camera che dà sul Pratum Magnum ove la roggia scorre: sente un gran gracidare e vede tutte le rane in cerchio attorno alla ranocchietta verde.
Un raggio di luna batte su di lei e… incanto, la vede trasformarsi in una splendida fanciulla dai capelli alla paggio. La fanciulla si volge verso la sua finestra, lo saluta, si incammina sul raggio di luna e… scompare.
Dagoberto ne rimane ammaliato e da allora aspetta la notte alla finestra sinché c’è la luna, sperando che si ripeta ancora la trasformazione.
Invano: le rane gracidano in coro ma la ranocchietta non si vede.
Intanto l’estate avanza e la siccità si fa pressante: la roggia man mano si prosciuga sinché un giorno, rientrando a palazzo, Dagoberto la trova totalmente asciutta: le rane sono sulla riva e stanno morendo. Su una foglia avvizzita giace la ranocchietta ormai morta. Il giovane cerca una foglia ancora verde, vi avvolge la ranocchietta, scava una buca sulla riva e la sotterra.
Nella notte arriva un temporale assai violento, improvviso, che pure repentinamente cessa.
Dagoberto si affaccia alla finestra pensando sempre alla ranocchietta che si era trasformata in fanciulla.
Ed ecco un raggio di luna battere sulla riva ove è seppellita la ranocchietta, ora ricoperta dalla acque che scorrono veloci.
Come il raggio di luna colpisce quel punto esatto ecco sorgere, più splendida che mai la fanciulla che, camminando sul raggio raggiunge Dagoberto.
Si avvicina a lui e con voce armoniosa gli dice: grazie di avermi aiutato: sono Amira la principessa delle rane ed ora debbo tornare nel mio regno !
Lo bacia e scompare !”
Una leggenda romantica e dolce, come il sorriso del viso della scultura.
A ben pensarci, l’acconciatura potrebbe essere sia medievale sia anni ’30; ciò che è sicuro è la nudità della statua, che inizialmente creò scalpore fra i monzesi benpensanti (e forse troppo bigotti) ma venne invece accolta con entusiasmo dai più giovani, che la fecero diventare presto un luogo di scherzi giocosi. Fatto sta che la fontana non venne mai rimossa..per fortuna!
Mi piace immaginare l’artista, capace medaglista e creatore di opere monumentali e sacre, che si concede alla tenerezza realizzando questo piccolo gioiello dalla posa gentile.
Prendetevi qualche minuto per sedervi sul bordo sagomato del basamento, per osservare i mosaici sul fondo della vasca che riproducono rane e pesci colorati, per osservare la vita che scorre tutto intorno, per guardare i fiori dell’aiuola che la circonda: è un piccolo angolo magico del centro di Monza secondo me. Mi piace infatti andarla a trovare spesso, ad ogni occasione, anche la sera quando viene illuminata dal basso, dall’acqua.
Recentemente restaurata così da perdere le macchie di verderame, vi darà sempre quel senso di pace e spensieratezza di una ragazzina sopravvissuta alla guerra e alle mode, tra le sue rane giocose e gli spruzzi d’acqua.
Ely Ci
MaTerè
3 settembre
Anche a me, che son monzese, fin dall’infanzia, è sempre piaciuta questa fontana e soprattutto la statua, ma non conoscevo nulla della storia, vera e leggenda. Grazie perciò per le notizie che qui ho letto! E anche delle altre! Questo blog è davvero interessante e complimenti alla blogger!
Raffaella Martinetti
5 settembre
Grazie del tuo bellissimo complimento! Spero di poterti allietare anche in futuro con altre curiosità:)