Fra tanti personaggi importanti, anche il grande Napoleone arrivò a Monza verso la fine del 1700, lasciando tracce importanti, alcune positive, ma anche tante negative.
Napoleone fu un genio militare senza pari e un grande legislatore in un momento di trapasso da un’epoca storica a un’altra profondamente segnata dagli sconvolgimenti della Rivoluzione francese. Ma Napoleone fu anche l’artefice, nell’Europa continentale, tra Settecento e Ottocento, della definitiva trasformazione della società di antico regime in società borghese.
Nel 1796, mandato a operare su un fronte ritenuto secondario, ovvero quello italiano, con un esercito di 38.000 uomini, contro tutte le aspettative mise rapidamente in fuga gli eserciti austro-piemontesi.
Una domenica di Pentecoste, il 15 maggio 1796, Napoleone entrava così a Milano su un cavallo bianco da Porta Romana, acclamato dalla folla, offrendo alla sera un lussuoso banchetto alle autorità cittadine a Palazzo Reale.
Solo qualche giorno dopo le truppe francesi arrivarono a Monza in Villa reale ed entrarono in città, dando vita così ad un periodo particolare per i monzesi.
La nostra bellissima Villa reale venne utilizzata per gli alloggi degli ufficiali maggiori e delle truppe scelte e per lo stallaggio dei cavalli, lasciando poi evidenti segni di rovina. I soldati nel tempo aumentarono sempre di più e i francesi finirono per occupare anche altri edifici, come l’ex collegio gesuitico in via Zucchi, il santuario delle Grazie vecchie, il chiostro di San Pietro Martire e obbligarono inoltre i patrizi monzesi (fra cui gli Archinto, i Durini e i Recalcati) ad ospitarli nelle loro ville.
Già nel 1795 in Francia venne messo a punto un piano strategico del Direttorio francese: l’obiettivo era quello di spogliare le città del nord d’Italia in cambio della pace. Fu così che l’armata di Napoleone confiscò soldi, merci, cibo, proprietà, gioielli e ogni tipo di ricchezza in Lombardia e Piemonte. Si voleva in questo modo accrescere sia le casse della Francia sia la classe media ed aiutare anche le classi più povere, spossate dalla Rivoluzione.
Iniziò allora a Monza un terribile periodo di razzia di denaro e viveri: vennero per esempio requisiti tutte le calze e scarpe dei negozi monzesi, la metà delle bestie dei macellai, il Monte di Pietà e venne addirittura messa in vendita la Villa reale.
Forse uno dei pochi aspetti positivi dell’arrivo di Napoleone fu la commissione di 15000 berretti alle manifatture della città che permise di far decollare l’industria monzese del cappello.
Anche il Duomo di Monza venne colpito duramente. Nel 1796 il Direttorio aveva invitato Napoleone a inviare a Parigi gli oggetti preziosi di ogni genere artistico perché considerati utili per il progresso dei lumi: vennero così fusi diversi oggetti alla Zecca di Milano e trasformati in lingotti da mandare in Francia. Le corone di Teodolinda e Agilulfo, le croci di Adaloaldo e Berengario e la tazza di zaffiro giunsero quindi in terra francese. I francesi cercarono anche di appropriarsi della Corona ferrea ma i canonici del Duomo si opposero con tutte le loro forze.
Napoleone, grande amante dei talismani e a conoscenza della maledizione sul tesoro della Regina Teodolinda, cambiò quindi i piani per la Corona ferrea: sette anni dopo infatti la utilizzò per la sua incoronazione (ricordi la famosa frase: Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie).
Nel 1799 la dominazione francese venne interrotta per 13 mesi, quando Francesco II d’Asburgo rioccupò Milano e altri capisaldi della Lombardia.
Monza accolse gli Asburgo con una solenne cerimonia in Duomo, dove venne esposta la Corona Ferrea scampata alle razzie dei francesi. In città venne anche fatto un inventario dei danni prodotti dall’arrivo di Napoleone, cercando di ridurne i terribili danni.
Il luogo più colpito fu la nostra Reggia, devastata dai soldati francesi. Venne fatta pulizia degli appartamenti occupati dagli ussari e quelli usati come stalle, venne rimosso il fango, vennero rimesse in uso le rogge e il laghetto, furono rifatte le aiuole, venne ripristinata la bella Limonaia e ripuliti i giardini all’inglese.
Gli Asburgo inoltre ripristinarono anche gli edifici occupati dalle truppe, riaprendo il Collegio ex gesuitico di via Zucchi e il complesso delle scuole barnabitiche del Carrobiolo, mentre nel convento di San Paolo iniziarono dei corsi per l’istruzione femminile.
Tutto ciò durò molto poco perché nel giugno del 1800 Napoleone tornò a Milano, riprendendo il controllo del nord d’Italia.
Napoleone ebbe un rapporto particolare con Monza, infatti egli preferì alla nostra Reggia Villa Pusterla di Limbiate dove decise di stabilire il suo quartiere generale, venendo in città solo per la caccia, sua grande passione.
Egli però diede il via al progetto del Parco, già iniziato nel 1803, poi reso esecutivo con il decreto imperiale del 1805. I lavori vennero compiuti in tre anni, sotto il controllo del figliastro di Napoleone, il Vicerè Eugenio de Beauharnais, personaggio molto importante per la nostra città.
Il periodo francese non fu però ben visto dai monzesi: caduto Napoleone, una moltitudine di cittadini distrusse tutti i ricordi del regime napoleonico, bruciando i documenti del municipio e abbattendo le targhe delle piazze.
Napoleone mantenne però forte il suo legame con Monza per la nostra Corona ferrea da lui tanto amata, la cui copia fu posta sul suo sarcofago quando il corpo venne riportato dall’isola di Sant’Elena a Parigi.
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