chitarra come strumento di vita è il leitmotiv della mostra “City of guitars” in Arengario dal 10 maggio al 2 luglio 2017.
Diceva l’Arcivescovo di Canterbury che è dall’incontro che nascono le magie: la mela di per sè non “sa” di mela e la bocca non è altro che una bocca senza avere un sapore univoco, ma è dall’incontro tra la mela e la bocca che nasce il sapore.
Che sapore ha la musica?
Se volete scoprire gli strumenti che hanno trasformato alcune melodie in leggenda, all’Arengario di Monza lo potrete fare: sono infatti esposte le chitarre che hanno fatto la fortuna di chi le ha tenute in mano e che hanno saputo regalarci momenti meravigliosi perché la musica è uno stupendo linguaggio che parla soprattutto a chi sa comprenderla.
Elaborazione della cetra e del liuto, la chitarra è lo strumento più suonato al mondo e la sua evoluzione ha segnato la storia della cultura (non solo musicale) dell’umanità.
Parafrasando Renzo Arbore nel ritornello della canzonetta arrivata al terzo posto del 36° Festival di San Remo:
“La cerco come la Titina/ questa bella chitarrina/ per far qualche swing,
mentre il clarinetto sping… /così nasce un bel blues.”
Che si tratti di un pezzo classico come “Giochi proibiti”, di un assolo rock da “Sultani dello Swing”o di un pezzo ispanico (si ascolti l’album-concerto “Friday Night in San Francisco” dei mostri sacri della chitarra classica John McLaughlin, Paco DeLucia, Al Di Meola) o di un brano nazional popolare qualunque , la chitarra è il più popolare e democratico strumento musicale che si conosca.
Si perché ( a parte Venditti che, suo malgrado, si portava un pianoforte sulla spalla) la fortuna della chitarra è la sua versatilità: puoi suonarci con tre-accordi-tre la “Canzone del sole” al parco di Monza o portarla in spiaggia per creare un’atmosfera romantica intorno ad un falò, ma lei è completa e sufficiente ad accompagnarti ovunque.
“Mi sono preso una cotta formidabile. Fra fuochi e chitarre, in riva al mare e dentro un sacco a pelo. Perché tutti, una volta nella vita, abbiamo diritto di credere che le canzoni dell’estate siano state scritte apposta per noi” (Massimo Gramellini)
Quindi, per tornare all’Arcivescovo di Canterbury, le emozioni che producono una chitarra, due mani che la suonano, tanta tecnica ma soprattutto tanto cuore , sono il mix esplosivo per fare dell’uomo un animale evoluto.
Per questo la mostra in Arengario “City of guitars” è l’occasione giusta per comprendere davvero quanto le trenta chitarre esposte hanno fatto la fortuna dei loro suonatori! Ma vale anche il contrario…quanti non hanno mai sentito parlare di Fender Stratocaster?
La mostra è divisa per temi, per tecnica d’utilizzo, per generi musicali e anche per stravaganze dei musicisti, il tutto incorniciato da un allestimento molto accattivamente.
Le foto dei musicisti sono state scattate da quattro grandi fotografi, ovvero Massimo Barbaglia, Gigliola Di Piazza, Bruno Marzi, e Angelo Redaelli, e accompagnano le meravigliose creature appese alle pareti, principalmente chitarre e qualche basso elettrico.
Tra tutti gli artisti ritratti nelle fotografie esposte, Monza Reale ha scelto l’immagine che più ha saputo emozionarci: quella di Fabrizio De André intento ad eseguire un brano, con quella particolare energia che solo chi ha qualcosa di vero da dire, sa dire con il cuore.
“Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra”
(Fabrizio De André)
Buona visita alla mostra e tanto amore per la nostra adorata e adorabile chitarra!
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