Le Pietre d’Inciampo a Monza sono state posate per la prima volta giovedì 16 Gennaio 2020, esattamente in via Prina 19, nel quartiere San Biagio, davanti all’abitazioni dei coniugi coniugi monzesi Alessandro Colombo e Ilda Zamorani, deportati nel lager di Auschwitz nel 1943 e uccisi subito dopo il loro arrivo.
Sapete cosa sono le Pietre d’inciampo?
Sono un’iniziativa dell‘artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. L’iniziativa, attuata in diversi paesi europei, consiste nell’incorporare, nel selciato stradale delle città, davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni, dei blocchi in pietra ricoperti da una piastra di ottone posta sulla faccia superiore.
L’iniziativa partì da Colonia nel 1992, fino ad arrivare nel 2019 all’installazione di oltre 71 000 “pietre”.
I blocchetti si possono trovare in quasi tutti i paesi che furono occupati durante la seconda guerra mondiale dal regime nazista tedesco, ed anche in Svizzera, in Spagna e Finlandia.
La memoria consiste in una piccola targa d’ottone della dimensione di un sampietrino (10 × 10 cm), posta davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima del nazismo o nel luogo in cui fu fatta prigioniera, sulla quale sono incisi il nome della persona, l’anno di nascita, la data, l’eventuale luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta.
Si vuole così ridare individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L’espressione “inciampo” deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera.
La maggior parte delle pietre d’inciampo fuori dalla Germania sono state documentate da due fotografi austriaci, Christian Michelides e Francisco Peralta Torrejón.
Alla commovente cerimonia di Monnza hanno assistito i sei nipoti dei due sposi “colpevoli” solo di essere di religione ebraica, denunciati da un conoscente, prima di salire sul treno del non ritorno, nel carcere milanese di san Vittore. E in questo luogo una signora monzese, Franca Testa, non fece mancare il suo conforto ai due coniugi a costo di subire lei stessa maltrattamenti e ingiurie da parte delle guardie.
Il racconto di una loro nipote ci fa sapere che quando la situazione si fece difficile consigliarono ai loro figli di nascondersi, ma loro vollero restare perché si sentivano anziani.
Ma venne anche per i coniugi Colombo il triste momento di cercare un’altra casa, però il Sig. Alessandro volle un giorno tornare nella sua abitazione monzese a prendere le foto dei suoi nipoti. Quell’atto d’amore gli costò la vita e per questo una studentessa le ha definito “pietre d’amore”.
Ogni volta che passeremo in via Prina 19 fermiamoci e stiamo un attimo in silenzio per ricordare non solo i coniugi Colombo, ma tutte le vittime innocenti della Shoa.
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